Maurizio Montagna
02 12 2013 – 02 02 2014
prolungata fino al 09 03 2014
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Sottrazioni …. “E a cosa serve un libro”, pensava Alice, “senza figure e dialoghi?”. Lewis Carrol, Alice nel Paese delle Meraviglie.
Il lavoro di Maurizio Montagna si potrebbe prestare a molte osservazioni, come sempre accade quando ci avviciniamo al lavoro di un fotografo di valore. Potremmo dilungarci sulle scelte tematiche, apprezzare l’uso della tecnica. Oppure fissare la nostra attenzione sul taglio dell’inquadratura. C’è un elemento che mi sembra offrire una sorta di filo di Arianna all’osservatore per districarsi nel labirinto delle immagini. Questo elemento, che emerge come un tema, è quello della sottrazione. Sottrazione che deve essere intesa come processo di eliminazione di tutto quanto non è necessario alla realizzazione di una fotografia significativa. Forse questo è un intento di molti, nella fotografia come in altri campi artistici. La differenza consiste nella scelta degli elementi da eliminare, e questa scelta racchiude la minore o maggiore qualità del prodotto finale. Montagna sottrae all’immagine fotografica la facile scelta del soggetto, al punto da rendere difficile la sua stessa identificazione. Fotografa un edificio ma si capisce che non è l’edificio in quanto architettura il fulcro del suo interesse. Orienta il proprio sguardo monocolo verso il territorio e lo ferma proprio nel punto in cui non lo riconosciamo più – e siamo così costretti a conoscerlo per la prima volta., come accade per i lacerti di paesaggio spagnolo del ciclo The Bull Project. La seconda, significativa, sottrazione è quella della prospettiva. I billboards (in modo eloquente colti nell’assenza dei manifesti: pure cornici appese e in attesa di messaggi) e le architetture milanesi di Giulio Minoletti sono viste frontali, senza profondità. In questo modo si stabilisce un legame inaspettato tra delle strutture pubblicitarie meramente funzionali e degli edifici di raffinato pensiero architettonico. Entrambi tornano ad essere sfondi, quinte della scena metropolitana sul cui schermo muto possiamo proiettare le nostre fantasie di vita. Luigi Trentin
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