IMBALSAMATI E RESTI
CAMUFFAMENTI E FERITOIE
28 09 2001 > 10 11 2001
IMBALSAMATI E RESTI
in questa serie, realizzata nel novembre del 1995, Alberto Flammer ha ricercato nei depositi di musei, animali impagliati ed oggetti non esposti al pubblico.
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COSE CHE SONO REALI PUR ESSENDO FACSIMILI
Immagini catturate La rinascita del realismo Nel l955, mentre la mostra di Edward Steichen “The Family of Man” iniziava il suo itinerario di cinque anni intorno al mondo, coniugando il reportage fotografico e la documentazione dell’umanità, ebbe inizio una nuova ricerca del reale. Nel contempo, l’evoluzione dell’Arte Non Figurativa in pittura e scultura aveva raggiunto il suo culmine, un fenomeno riscontrabile nel mondo intero. Dobbiamo ricordare che la nascita dell’arte astratta coincide con gli ultimi anni del XIX secolo, per affermarsi in modo più stabile nel periodo che precede e segue le due guerre mondiali. Divenne il paradigma di quasi tutto il XX secolo. Questa dicotomia aprì di nuovo le porte a una ricerca atta a favorire il ritorno del realismo. E di conseguenza, si favorì la rinascita dell’arte della fotografia e la rappresentazione della “Banal Pop Art” e arti affini negli anni successivi. La tendenza optò soprattutto per l’eccentrico, lo speciale e ciò che era in grado di colpire lo sguardo. L’arte della performance fece ingresso infine nelle arti plastiche. L’artista e la sua opera divennero una performance e, come molte altre arti, le arti visive espletarono un duplice legame con l’artista, creatore e performer allo stesso tempo.
Sia l’estetica sia il criterio di valutazione e giudizio sono fattori importanti per il fotografo e il pubblico. E’ importante l’apprezzamento del critico nei confronti del fotografo, dato che oggi giorno, tenuto conto della quantità di informazione disponibile, la critica procede in parallelo con la creatività.
La critica fotografica nasce insieme alla stessa fotografia, tant’è che fin dall’inizio furono i fotografi a giudicare e criticare la loro opera alla luce dell’ottenimento di una immagine tecnicamente riuscita. Adesso che la fotografia sta entrando nel suo terzo secolo di vita, dopo aver messo al mondo e nutrito i nuovi media sviluppatisi dal primo “The Pencil of Nature”, siamo di fronte a una nuova valutazione della critica. Figli della fotografia sono il cinema analogico e il video, mentre le tecniche di riproduzione hanno aperto la strada a una nuova era della fotografia, quella digitale. Questa nuova era ha trasferito tutti i figli della fotografia dal mondo chimico in quello digitale, eppure le idee fondamentali dell’estetica non sono cambiate. Ma i critici sì. Cose che erano reali nell’era analogica non appaiono più tali in quella digitale: c’è una grande sfiducia.
Siamo spinti da curatori, musei e gallerie ad accettare soprattutto la manipolazione come la nuova estetica e questo per via della facilità dei trucchi digitali. Ma, superate la novità e immediatezza del mezzo digitale, l’Imperatore mostrerà che è nudo per davvero e l’estetica farà ritorno alla sensibilità della civiltà ed alla ragione .
Tassidermia (imbalsamati e resti)
Alberto Flammer, nato nel 1938 a Muralto (Canton Ticino), è figlio di un fotografo che, con la sua professione, gli tracciò la strada da seguire.
Forse è una coincidenza se il nuovo lavoro qui presentato richiama Tassidermia (dal greco táxis, “sistemazione”, e dérma, “pelle”), l’arte di assemblare o replicare soprattutto esemplari di animali vertebrati come se fossero vivi, a scopi di esibizione o studio. La sistemazione è l’elemento più importante nelle immagini di Alberto, in ogni tema trattato. Le nature morte prevalgono sull’insieme dell’opera, come spesso accade a tanti pittori del passato (mi viene in mente l’italiano Morandi, visto che si tratta di un pittore del XX secolo).
E’ ironico che ci venga presentato un facsimile della natura con la sua tassidermia e struttura ossea proprio quando il mondo sta presenziando a un sempre maggior numero di immagini manipolate, sia nella forma analogica sia, e soprattutto, in quella digitale. Di proposito oppure no, si tratta di un interessante commento sulla fotografia contemporanea. Le immagini di Flammer sono cose reali. Quest’aspetto dell’oggetto come natura morta e la luce e l’ombra che formano la composizione è l’elemento di base delle arti. Quando Fox Talbot creò il suo sistema fotografico nel 1834, fotografava libri, finestre e altri oggetti messi in posa. Le Montagne (camuffamenti e feritoie), la Tassidermia (imbalsamati e resti) e tutto il resto sono gli stessi nel macrocosmo e nel microcosmo in cui viviamo. Eppure nel movimento delle nuvole, e nell’atmosfera in generale, Flammer riesce a fermare il movimento e trasformare il tutto in oggetti e nature morte. Seguiamo le forme e le strutture così come lui ce le presenta. La dimensione del soggetto diventa irrilevante e cominciamo a percepire le immagini in bianco e nero nella loro vasta scala di grigi che egli è in grado di ottenere in questi meravigliosi ingrandimenti. Nonostante tutti i nuovi materiali e le foto a colori che ci ritroviamo intorno, ci sentiamo sopraffatti dalla semplicità delle composizioni e dalla capacità di dettaglio apportate a ciascun tema.
I segni conoscitivi con cui lui ci si presenta sono un’istruzione. Le istruzioni utilizzano segni e cose proprio per condurre la mente dalle cose sensibili e dalle immagini – che sono similitudini – a un’educazione delle idee che sono elementi interiori, atti introspettivi dell’uomo.
Alberto Flammer ci consegna immagini significative e la composizione di segni e immagini con un contenuto che va oltre la mera rappresentazione così come ci appare davanti agli occhi. Sono tanto istruttivi quanto estetici e rendono omaggio alla migliore arte della fotografia all’inizio del nuovo Millennio digitale.
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Appendice – I Segni
1. Naturale – cose preformate di natura fisica. Sono multi-referenziali come elementi in un sistema del mondo complesso, analogicamente ordinato. I segni preformati sono intrinsechi delle sostanze nell’ordine della divina creazione così come questa opera nell’intricata rete delle cose materiali e mutevoli.
2. Cognitivo o formale – un atto formale di cognizione grazie al quale quel che è significato (il significabile) è significato. Questi atti interiori e formali o segni in cognizione esistono e significano all’interno e attraverso un atto formale di cognizione (o analiticamente determinato). Pertanto un segno di tale guisa è un atto formale o una consuetudine regolata per significare la cosa che è significata. Esiste generalmente una doppia origine dei segni conoscitivi: le cose preformate esterne ai sensi e gli atti introspettivi del pensiero.
3. Convenzionale – imposti dalla convenzione come, per esempio, segni scritti di notazione, sillabe udibili, modelli mimetici o gesti, e anche parti del discorso: sostantivi, aggettivi, verbi, e via dicendo… Un segno convenzionale non equivale a una cosa naturale significata ma a una specie di notazione e alla sua definizione; un segno convenzionale non ha un riferimento reale tranne che attraverso il mezzo di atti conoscitivi o segni. Per cui i segni convenzionali sono parzialmente basati sull’associazione arbitraria che non rispecchia i segni conoscitivi i quali simulano le nature delle cose.
I segni conoscitivi e convenzionali sono prodotti di operazioni o distinzioni volontarie e razionali:
a) i segni conoscitivi sono imposizioni o intenzioni: per esempio, come atti formali di comprensione collegati a cose sentite, immagini e atti introspettivi del pensiero;
b) i segni convenzionali in quanto fattori di notazione come, per esempio, nella scienza grammaticale: ortografia, interpunzione o divisione in paragrafi delle parti del discorso in un linguaggio secondario imposto e via dicendo.
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