Stampe fotografiche all’albumina
colorate a mano (1860-1890ca)
28 09 2013 > 10 11 2013
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Questa esposizione presenta un duplice vantaggio. Ci pone immediatamente di fronte ad un Giappone di un tempo ormai trascorso, quello di fine XIX secolo. In trasparenza ci permette pure, se lo vogliamo, di capire il comportamento giapponese di fronte all’intrusione di un corpo estraneo, in questo caso l’apparecchio fotografico e la fotografia. Interessato al secondo aspetto, eviterò di lasciarmi trascinare da un certo esotismo che tanto affascina il turista assetato di colore locale. A partire dal 1854, Giappone ed Occidente iniziano appena ad avviare la reciproca scoperta. Negli esempi che ci é dato osservare in questa esposizione confluiscono una tecnica fotografica già alquanto evoluta ma assolutamente ignota ai giapponesi e il gusto pittorico dal tratto raffinato di un Giappone ancestrale. Le fotografie in mostra testimoniano una compenetrazione senza scosse di queste due forme di espressione artistica. Davvero artistica, anche se a quei tempi, come per il cinema che verrà, la fotografia é ancora considerata un’attività minore, un gadget senza il valore aggiunto che viene conferito dall’arte. Tanto la ripresa fotografica quanto il corredo fotografico sono occidentali mentre la colorazione é opera di artisti giapponesi. Un malinteso potrebbe condurre ad assimilare ciò che noi vediamo agli albori di un’arte pittorica ancora primitiva. Se si ignora il contesto, troppo facilmente si potrebbe cadere in questo errore. Qualche parola dunque sulla pittura giapponese ci pare indispensabile. Possiamo situare l’apparire di una pittura propriamente giapponese all’epoca Heian ( 794-1185), in cui i nobili e le corti si entusiasmano per lo stile Yamato-e che utilizza ogni tipo di supporto tecnico e rappresenta paesaggi, usi e costumi di un Giappone profondo. Più tardi le Ukiyo-e, affascinanti stampe caratterizzate da colori vivaci ma pure da delicate sfumature, offrono al pubblico delle classi popolari le immagini del mondo fluttuante, testimoni dell’epoca Edo (1603-1868). A partire dal 1880 si raggiunge l’apice della raffinatezza con il Nihon-ga, lo stile di pittura tradizionale giapponese che ha come ambizione di fissare l’istante e l’eternità facendo capo alla delicatezza del tratto pittorico, al virtuosismo dell’artista e alla qualità dei colori estratti dalla natura stessa. La pittura giapponese ha così raggiunto i risultati più alti e gli artigiani non pensano di sminuire la propria arte aggiungendo il cromatismo alle fotografie. Soprattutto perché esse pure rappresentano usi, costumi e immagini di un mondo in pieno movimento e fissano l’istante dello scatto e l’eterno dei paesaggi. Queste immagini ricorrono all’abilità di artisti formati all’esercizio di un’arte ancestrale. La finezza del tratto pittorico – certi colori sono stati tratteggiati con pennelli fatti di un solo pelo – e la pertinenza nella scelta delle sfumature ne sono la testimonianza. È pure utile ricordare come questa compenetrazione sia stata resa possibile senza causare conflitti. A partire dal 1854, il Giappone si apre progressivamente all’arrivo delle navi occidentali e a partire dal 1868, il nuovo imperatore Mutsuhito inaugura quello che egli stesso chiamò l’epoca illuministica, l’era Meiji. Decise di far uscire il suo paese dall’isolamento totale e volontario e di renderlo aperto alle culture straniere. In ventun anni, dal 1868 al 1889, il Giappone passa, per volontà di un imperatore, da un feudalesimo dei più classici allo stadio di nazione tra le più avanzate dell’era moderna. Si tratta di una rivoluzione voluta dall’alto, senza presa di una Bastiglia o di un Palazzo d’Inverno: è il sogno degli Illuministi francesi che si concretizza, il dispotismo illuminato di un Imperatore che ha saputo veder giusto. Più del fascino evidente benché un po’ vecchiotto che queste foto d’epoca suscitano, più dell’interesse per un arcipelago di cui l’Occidente conosceva solo vagamente l’esistenza ma dove non aveva mai messo piede, più dell’aspetto commerciale di un’attività nata da un turismo attratto dal Grand Tour agli antipodi, questa esposizione permette di meglio avvicinare un piccolo angolo del multiforme universo giapponese. Armand d’Auria
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