MAREE DI UNA VALLE DI MONTAGNA
MONO WORKS
15 02 2009 > 04 04 2009
Warning: Undefined array key 1 in /home/clients/6474c690c3930773be1400f26bb138e6/consarc/wp-content/themes/consarc/template-galleria-autore-subpage.php on line 34
“Maree in una valle di montagna” (work in progress)
“La costruzione e l’esercizio di un impianto idroelettrico avvengono sempre in regime di rischio calcolato, ricercando il rapporto ideale tra costi costruttivi e grado di sicurezza” (O. Rescher, “Sicherheit von Talsperren”, Ed. del Politecnico di Vienna, 1973).
La serie è parte di un progetto pluriennale dedicato all’interpretazione fotografica dei principali bacini idroelettrici delle Alpi svizzere e fa riferimento nel titolo alle prove d’invaso del bacino idroelettrico del Vajont, nel Bellunese, che la notte del 9 ottobre 1963 determinarono il distacco e la caduta nell’invaso di una frana di 250 milioni di metri cubi di roccia, provocando un’onda di 50 milioni di metri cubi d’acqua e fango* che, superati per un centinaio di metri il coronamento della diga, investi’ la cittadina di Longarone provocando oltre 2000 vittime. “Maree in una valle di montagna” comprende due serie distinte ed aperte: la prima, dalla quale sono tratte le immagini esposte presso Cons Arc, è costituita da una sequenza aperta relativa all’impianto della Verzasca SA a Contra, strutturalmente molto simile a quello del Vajont per dimensioni e tipologia costruttiva; la seconda, nella quale i diversi invasi vengono invece messi in relazione tra loro, è relativa ai principali serbatoi idrolettrici delle Alpi svizzere. L’approccio formale è quello tipico dei lavori di interpretazione ambientale dell’autore, caratterizzati dalla rappresentazione seriale e dall’uso esclusivo della prospettiva frontale.
* 50 milioni di metri cubi d’acqua corrispondono indicativamente ai 2/3 della capacità d’invaso del bacino della diga di Contra in condizioni di esercizio normale.
“Mono Works” (2005-2009)
I “Mono Works”, integralmente realizzati in studio con un dorso digitale a scansione su fotocamera a banco ottico, pur configurandosi a volte anch’essi in piccole serie come quella dei “Liebestöter” dedicata ad oggetti militari, costituiscono uno spazio di libertà e di “instant imaging” rispetto ai piu’ impegnativi e vincolanti progetti tematici. Sotto il profilo sia tecnico sia concettuale, i “Mono Works” sublimano inoltre due fra le piu’ ricorrenti ossessioni formali dell’autore, la volontà-necessità di esprimersi attraverso l’ “estetica della precisione” tipica della fotografia oggettiva di area tedesca e la ricerca della simmetria quale ordine universale, qui ottenuta attraverso la ricomposizione digitale dei soggetti. Nel caso delle “Objektwahrnehmungsstudien” (“studi di percezione degli oggetti”), l’intervento di postproduzione digitale è inoltre finalizzato ad alterare la normale percezione della forma e materia dei soggetti, rendendo difficile, e soprattutto soggettiva, analogamente alle “figure di Rorschach” utilizzate in psichiatria cui si ispirano, la percezione della loro natura originale.
|